Terapia ormone crescita, aderenza non ottimale in 70% adolescenti

Condividi:

“Il paziente adolescente vive in una fase di mezzo caratterizzata dalla difficolta’ di riconoscersi: non e’ piu’ un bambino, ma non e’ ancora un adulto. E, per un medico, sara’ ancora piu’ difficile gestirlo se ha una malattia cronica, che complica la vita sociale e le relazioni tra pari. Tendera’ spesso a sfuggire ai controlli e non avra’ un’aderenza ottimale al trattamento. Questo e’ un aspetto estremamente importante e da non sottovalutare”. Lo afferma Gabriella Pozzobon, presidente della Societa’ Italiana di Medicina dell’Adolescenza (Sima) e pediatra dell’Ospedale San Raffaele di Milano. “Da studi sul trattamento dell’ormone della crescita in adolescenza e’ emerso che l’aderenza nel trattamento e’ media, piuttosto che non ottimale, nel 70% dei pazienti adolescenti- puntualizza la presidente Sima- ma in eta’ pediatrica la situazione e’ differente. Qui la terapia e’ gestita dai genitori e il risultato e’ l’opposto: il 70% in eta’ pediatrica assume regolarmente questo farmaco. Ricordiamo che l’ormone della crescita- precisa il medico- e’ un farmaco che viene utilizzato attraverso delle somministrazioni sottocutanee (iniezioni) che peggiorano l’aderenza al trattamento”. Per incentivare gli adolescenti a seguire le cure, la presidente della Sima consiglia di “parlare con loro e cercare di capire per quale motivo l’aderenza non sia ottimale. Noi medici avvertiamo la difficolta’ di non avere un rapporto diretto con i ragazzi, non siamo stati adeguatamente formati- sottolinea Pozzobon- ed e’ un invito a potenziare la conoscenza dell’adolescentologia e di un approccio psicologico adeguato a un paziente adolescente. L’aderenza a un trattamento con l’ormone della crescita “non e’ spesso ben codificabile, ne’ tangibile. Noi ci riferiamo a quello che ci dicono i genitori e i ragazzi. Non e’ una questione sconosciuta alla comunita’ scientifica, tanto che recentemente stanno emergendo nuove strategie per migliorare l’aderenza ai trattamenti non solo in ambito endocrinologico. Risultati importanti sono stati raggiunti nel 40% dei casi utilizzando, ad esempio, dei device che memorizzano la somministrazione del farmaco e ne ricordano l’assunzione agli adolescenti. Si utilizzano i loro canali di comunicazione: Twitter, WhatsApp, Sms sul cellulare e gli esiti sono incoraggianti”. È sempre piu’ chiaro per la Sima, quindi, che una buona riuscita del processo terapeutico impone la presenza del supporto psicologico. “In questa fascia di eta’ i ragazzi sfuggono i controlli perche’ non accettano di essere ammalati, non accettano il destino che in qualche modo si e’ opposto alla loro crescita. Questo e’ il punto da cui si deve partire. Chiaramente- continua Pozzobon- la patologia e’ un momento drammatico in qualsiasi eta’, ma in adolescenza ci sono i grandi cambiamenti dal punto di vista neurobiologico, si iniziano a scoprire i primi amori, il corpo cambia, i rapporti sociali e gli amici cambiano. Immaginiamoci cosa possa voler dire tutto questo per un ragazzo che deve somministrarsi quattro, cinque farmaci al giorno, che deve seguire uno stile di vita particolare e degli orari precisi in cui assumere i farmaci. Nel nostro approccio lo psicologo e’ uno degli specialisti che collabora piu’ frequentemente con noi- conclude la presidente della Sima- ed e’ presente negli appuntamenti con il ragazzo”.

Leggi l’articolo completo