Adolescenti italiani e pensieri suicidi

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Uno studio di tipo psicosociale condotto a cavallo tra il 2021 e il 2022 attraverso la tecnica “Capi” (Computer Assisted Personal Interview) su un campione rappresentativo di 4.288 adolescenti italiani delle scuole pubbliche secondarie di secondo grado dal “Gruppo multidisciplinare di ricerca mutamenti sociali, valutazione e metodi” (“Musa”) dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Irpps), pubblicato sulla rivista ‘Scientific Reports’ di ‘Nature’, ha trovato che il 44,9% degli adolescenti italiani ha sperimentato almeno una volta il pensiero suicida. Il pensiero suicida è più spesso presente in: le ragazze (6 su 10 contro 4 ragazzi su 10), chi vive nelle are settentrionali del Paese, chi ha una cittadinanza straniera, chi frequenta gli istituti tecnici, i non credenti e chi ha un background familiare economico basso. Secondo la ricerca, i pensieri suicidi scaturiscono da una compromissione della salute mentale caratterizzata da ansia, depressione, bassa autostima, infelicità e insoddisfazione, emozioni primarie negative (rabbia, paura, tristezza), pessimismo verso il futuro. Questi aspetti appaiono spesso legati a insoddisfacente rete amicale, relazioni qualitativamente scarse con pari e genitori, problemi di rendimento scolastico, iperconnessione, insoddisfazione corporea e coinvolgimento come vittime nel bullismo e nel cyberbullismo. Considerando il grave impatto della pandemia di Covid sulla salute mentale degli adolescenti e la trasposizione dell’interazione sociale sempre più sul piano virtuale, lo studio evidenzia l’urgente bisogno di interventi mirati e contestualizzati, compresa la valorizzazione del ruolo centrale e cruciale della scuola nel sostegno del benessere relazionale giovanile, con il coinvolgimento di insegnanti e genitori. Vai all’articolo: